XIV.  Occultismo


L'atteggiamento di Freud nei confronti dell'occultismo è di particolare interesse per il suo biografo, poiché illustra, meglio di ogni altro tema, la spiegazione del genio freudiano da me avanzata nel volume precedente. In questo campo Freud rivela un'impercettibile e continua oscillazione tra scetticismo e credulità, che ci permette di portare tante prove in funzione di un suo atteggiamento di dubbio quante in favore di una sua adesione alle credènze occulte.

Per lealtà verso il lettore, va detto fin dall'inizio che se l'autore seguisse le proprie vedute sull'argomento, questo capitolo risulterebbe diverso. Chi ritiene decisive le prove in favore della telepatia e della chiaroveggenza, non può che apprezzare la liberalità di Freud sull'argomento e la sua tendenza ad adottare un atteggiamento positivo nei confronti delle conclusioni raggiunte, come ulteriore esempio della di lui lungimiranza nel prendere in considerazione anche l'improbabile. Chi invece come me rimane scettico alle prove ed è più propenso a considerare le conclusioni raggiunte residuo di una mentalità più primitiva, è costretto a criticare l'atteggiamento di Freud, che in questo secondo caso dimostra come una capacità critica straordinariamente sviluppata possa coesistere nella stessa persona con un inatteso fondo di credulità.

Prima di fornire un resoconto cronologico degli esperimenti e delle dichiarazioni di Freud in questo campo, è bene dire qualcosa sui problemi relativi. Quello fondamentale, che può presentarsi sotto un'infinita varietà di forme, è se possono esistere nello spazio pensieri o esseri spirituali privi di un rapporto accertabile con un corpo fisico. Per quasi tutti coloro che hanno seguito studi biologici e in particolare neurologici, sembra indiscutibilmente provato il contrario (giudizio che possiamo però a buon diritto definire pregiudizio). Ora, come lo stesso Freud fece notare in varie circostanze, i pregiudizi possono dimostrarsi giustificati e utili a non sprecare tempo, ma possono anche rappresentare un malaugurato ostacolo al progresso del sapere, com'è spesso accaduto nella storia della scienza. Fare una discriminazione tra pregiudizi utili e pregiudizi dannosi può rivelarsi estremamente difficile: generalmente non v'è alcun criterio obiettivo da seguire. Il pregiudizio in questione può essere dettato da elementi irrazionali, ma è senz'altro più facile indicare l'irrazionalità dei potenti agenti che hanno sempre operato in senso opposto.

Dall'alba della storia fino a tempi recentissimi l'uomo ha fermamente creduto nell'esistenza e nell'attività di essere incorporei. Basta accennare alle fantastiche credenze dei selvaggi, in ogni parte del mondo e a qualsiasi livello di sviluppo sociale si trovino. Dopo l'avvento del cristianesimo la mitologia classica e quella teutonica hanno subito una razionalizzazione in senso religioso: una moltitudine di santi ha sostituito gli dèi crepuscolari, ma il popolo ignorante è stato lasciato in preda alle fate, agli gnomi, ai vampiri e ai diavoli. Le persecuzioni dei fantasmi e i colpi degli spiriti sono sempre esistiti e qualcuno ancora ci crede.

La decadenza della fede religiosa negli ultimi cento anni è stata accompagnata da un mutato atteggiamento nei confronti del soprannaturale. A partire dalle esibizioni delle sorelle Fox, in America, sono fioriti un immenso numero di indovini o «medium», che si guadagnano la vita professando poteri soprannaturali, più che altro di previsione e predizione del futuro, di comunicazione con gli spiriti dei defunti, «seconda visione», telepatia, levitazione, chiromanzia, astrologia, chiaroveggenza, e via di seguito. In molti casi questo spiritismo, chiamato eufemisticamente «spiritualismo», ha assunto l'aspetto di una vera religione. La moda di questi medium si è dimostrata periodica: ha raggiunto un apice nel 1860 (il periodo di Daniel Home), nel 1880 (che ha portato alla fondazione della Società per le Ricerche Psichiche), nel 1890 (il periodo dei grandi fisici) e di nuovo al giorno d'oggi. Possiamo citare un elenco impressionante di scienziati che alla fine del secolo scorso, dopo accurati esperimenti, hanno ammesso la veridicità di molte affermazioni dei medium: T. H. Flournoy, Lombroso, Richet e Schrenk-Notzing sul continente; William James e altri in America; Sir William Barrett, Sir William Crookes, Sir Arthur Conan Doyle, Sir Oliver Lodge, F. W. H. Myers e Sir George Stokes in Inghilterra. Alcuni  di  questi  erano esimi  esponenti  delle  scienze  naturali,   familiari quindi con la mentalità scientifica. I medium che fornirono le prove capaci di convincere i suddetti signori della verità delle loro asserzioni, sono stati smascherati uno per uno come imbroglioni che speculavano sul filo di credulità presente in ciascuno di questi illustri studiosi.

Per concludere, è stato dimostrato che nessun potere critico o scetticismo, per quanto sviluppato, è in grado di indagare i fenomeni in questione se la conoscenza delle scienze sperimentali non è sostenuta dalla conoscenza tecnica di quelli che nel mondo dei passatempi si chiamano «artifizi magici». Questi «maghi» professionisti sanno eseguire cose che non solo sfidano qualsiasi spiegazione, ma sembrano fornire delle prove inconfutabili di poteri soprannaturali; eppure, quando costoro rivelano come le eseguono, non offrono che una dimostrazione di come una straordinaria abilità possa trarre in inganno qualsiasi pubblico. Recentemente, per esempio, un «mago» americano che si firma J. K. Rinn ha pubblicato la storia dei suoi 60 anni di esperienza nello smascherare i più famosi medium: proprio quelli che erano riusciti ad ingannare gli illustri uomini summenzionati; descrive dettagliatamente una quantità di «numeri» suoi, nei quali realizzava cose assolutamente stupefacenti ed apparentemente impossibili, che sembravano non ammettere altre spiegazioni se non che egli possedesse poteri soprannaturali e sovrumani; spiega i complicati espedienti per mezzo dei quali eseguiva i suoi numeri, ingannando perfettamente il suo pubblico; e porta ragioni convincentissime a sostegno della tesi da noi avanzata che nessuno è qualificato per indagare questi cosiddetti fenomeni, a meno che non sia fornito di una conoscenza, acquisita attraverso un'esperienza personale, degli espedienti in questione.

Fu in parte in seguito allo smascheramento di tanti medium, in parte per la curiosa vergogna (alla quale accennerò) di confessare una fede nell'occulto, che nei circoli scientifici ortodossi si coprì di discredito l'argomento. La parola stessa «ricerca psichica» divenne sospetta, e gli studiosi della materia dovettero trovare un termine più rispettabile. Si tentò «para-fisico» e «paranormale», ma risultarono entrambi insoddisfacenti; venne fuori «parapsicologia», «percezione extra-sensoriale» (termine quanto mai descrittivo); attualmente è di moda «fenomeni psi».

Freud fu sempre molto scettico sulle esibizioni spiritiche dei medium, sebbene pensasse più di una volta che essi potessero effettivamente esser dotati di speciali capacità telepatiche, concetto che bene esprime ne Il futuro dì un'illusione (1927): «Se tutti gli argomenti avanzati in favore dell'autenticità delle dottrine religiose hanno origine nel passato, è naturale guardarsi attorno per vedere se il presente, più in grado di giudicare di queste cose, non può fornire anch'esso prove simili. L'intero sistema religioso diventerebbe infinitamente più convincente se si riuscisse in tal modo ad eliminare l'elemento di dubbio foss'anche da uno solo dei suoi aspetti, è a questo punto che entrano in ballo gli spiritisti: convinti dell'immortalità dell'anima individuale, vorrebbero dimostrarci che almeno questo articolo delle dottrine religiose è esente da dubbi. Disgraziatamente non sono riusciti a smentire il fatto che le apparizioni e voci dei loro spiriti altro non sono che prodotti della loro propria attività mentale. Hanno evocato gli spiriti dei più grandi uomini e dei pensatori più illustri, ma tutte le dichiarazioni e le informazioni che ne hanno ottenuto si sono rivelate cosi sciocche e così disperatamente insulse, che non rimane che credere che gli spiriti siano capaci di adattarsi alla cerchia di persone che li ha evocati.»

A parte la presenza dei medium, esiste comunque un'ampia gamma di quelle che chiamiamo superstizioni, dalle quale poche persone sono veramente esenti. Il gruppo che qui ci interessa è quello delle superstizioni che hanno a che fare con minacce o ammonimenti di disgrazie (non ultima la morte) riguardanti noi stessi o persone care. Si tratta delle ben note premonizioni, intuizioni, presagi e simili, ai quali corrisponde tutto un gruppo di amuleti, incantesimi, portafortuna e talismani aventi la funzione di tener lontana la paventata disgrazia. Nel capitolo sulla superstizione, in Psicopatologia della vita quotidiana, Freud dimostra in modo convincente che tali credenze si formano in seguito alla proiezione nel mondo esterno di pensieri, timori e desideri sottoposti a rimozioni: non riconoscendone la presenza nell'inconscio e percependone tuttavia la presenza, l'individuo conclude che essi operano nel mondo esterno. £ molto significativo il fatto che essi possono ricondursi per la maggior parte a desideri di morte rimossi originariamente contro una persona cara.

Queste credenze agiscono al livello più primitivo della psiche, cioè quello dell'animismo magico e della fede nell'onnipotenza del pensiero. Esistono ovunque numerose prove di questo livello pre-scientifico di funzionamento mentale. È difficile farsi un'idea esatta della tenacia di questo stadio mentale, che solo in rarissimi casi si riesce a superare completamente, attraverso un contatto più oggettivo con la realtà.

Nella maggior parte dei casi ia fede nell'occulto presenta due caratteristiche specifiche. Quando ci si trova di fronte a suoni inesplicabili in una casa «abitata» o al presagio intuitivo di una disgrazia, insorge di solito una reazione critica di dubbio sulla realtà esteriore di tali fatti e contemporaneamente un senso di vergogna davanti all'eventualità di ammetterli. Entrambe queste caratteristiche possono spiegarsi ammettendo che in qualche parte della psiche si sa che tali credenze sono di origine soggettiva e hanno a che fare con idee di cui ci si vergogna e che si trovano quindi in stato di rimozione. L'accettazione mentale di una data superstizione presenta di solito tutta una gamma di variazioni, e spesso è difficilissimo appurare fino a che punto la persona le presta «realmente» fede. Quando si interroga qualcuno in proposito, generalmente la risposta che si ottiene è: «No, non ci credo, ma è molto strano»: coagiscono cioè accettazione e ripudio.

Sotto questo aspetto Freud non rappresenta un'eccezione: anche per lui, tante volte, sarebbe stato difficile dire se accettava o no credenze di questo tipo. Per quel che mi riguarda, farò del mio meglio per presentare i dati a nostra disposizione in modo da permettere al lettore di formarsi una propria opinione sul di lui atteggiamento (di accettazione o meno) nei singoli casi.

Il primo esempio del genere in nostro possesso (la cui natura indicherebbe che molto probabilmente non si tratta di un fatto isolato) è reperibile in una dichiarazione di Freud alla fidanzata: da ragazzo, in una lotteria che pretendeva rivelare il carattere dei concorrenti, avendo scelto il numero 17, era uscita la parola «costanza». Vedi caso, era proprio il numero del giorno in cui si era fidanzato. Se prendiamo il fatto alla lettera, bisogna dedurre che la lotteria aveva predetto la qualità del suo futuro fidanzamento, sebbene questo presentasse poi altre qualità altrettanto fondamentali. Son sicuro che se l'avessero interrogato in proposito, Freud avrebbe negato una qualsiasi credenza del genere; rimane però il fatto che il numero era presente nel suo cervello da almeno dieci anni, e che egli ne fece menzione, anche se solo scherzosamente, come avente forse un significato, mentre chi come me non crede nell'occulto non avrebbe mai collegato un incidente così banale con una situazione seria, né avrebbe cercato conferme di questo genere alla propria costanza o a quella della donna. Il fatto che Freud menzionasse la faccenda, costituisce di per sé un fatto psicologico, e proprio Freud ci ha insegnato a non trascurare i fatti psicologici, anche se si tratta di manifestazioni apparentemente preterintenzionali.

Anche i primi esempi riguardanti la telepatia si riferiscono alla futura moglie. Un mese dopo il fidanzamento, Freud ruppe accidentalmente l'anello che essa gli aveva donato. Sul momento non ci pensò, ma ben presto lo assalirono dei misteriosi dubbi; infine le scrisse chiedendole di dirgli, sull'onore, se «alle 11 di giovedì scorso» essa lo aveva amato di meno. Aggiungeva che era una buona occasione per por fine a una superstizione (ecco che si trattava dunque di una superstizione). Più notevole fu la sua reazione ad alcune esperienze cui assistette probabilmente durante il primo periodo del suo soggiorno a Parigi. Nell'edizione del 1910 della Psicopatologia della vita quotidiana Freud riferisce di aver spesso udito chiamare il proprio nome e senza dubbio dalla voce della fidanzata. In quel periodo egli si sentiva particolarmente solo e gli riusciva difficile capire quella lingua straniera. Il fatto, com'è noto, appartiene a quel tipo di banali allucinazioni cui vanno soggetti i turisti solitari all'estero, nel corso delle quali le parole incomprensibili degli indigeni vengono «assimilate», attraverso il meccanismo della soddisfazione dei desideri, sotto forma di espressioni più familiari e gratificanti. Freud sentì però il bisogno di annotare il momento esatto del fenomeno e di scrivere per chiedere che cosa era accaduto all'amata in quel preciso istante, atti che rivelano chiaramente una fede nella possibilità di una trasmissione di messaggi attraverso lo spazio, per centinaia di miglia.

A questo punto mi sembrano opportune alcune osservazioni di ordine generale sul fenomeno della telepatia. Indubbiamente si tratta dell'elemento di gran lunga più «rispettabile» nel campo dell'occultismo, e quindi di quello più ampiamente accettato. Secondo Freud esso rappresenta l'unico granello di verità in questo campo; la tendenza dell'uomo a crearsi dei miti lo ha avviluppato in un guscio di fantastiche credenze. Questa idea del «granello di verità» lo affascinava particolarmente e cooperava, con altri motivi più personali, a farlo propendere verso un'accettazione cauta della telepatia. Più di una volta gli era occorso di scoprire un analogo granello di verità in altre credenze dell'umanità messe al bando con disprezzo come superstizioni: ad esempio il credere che i sogni abbiano realmente un significato. Freud credeva perciò di intuire che la telepatia poteva essere il nucleo di verità in questo oscuro campo.

Tuttavia, come egli stesso riconosceva, accettare la telepatia è un passo molto compromettente: significa ammettere la tesi principale degli occultisti, cioè che i  processi  mentali possano esistere indipendentemente dal corpo umano. Come faceva notare, «dans des cas pareils, ce n'est que le premier pas qui coùte»: inoltre si apre una porta a infinite possibilità, che superano di molto il semplice granello iniziale. Negli anni prima della grande guerra ebbi con Freud diversi colloqui sull'occultismo e altri argomenti simili. Gli piaceva, soprattutto dopo mezzanotte, gratificarmi con il racconto di strane o fantastiche esperienze con i pazienti, in particolare di disgrazie o morti sopravvenute a molti anni di distanza da un desiderio o una predizione in proposito. Freud si compiaceva in simili storie e rimaneva palesemente impressionato dai loro aspetti più misteriosi. Quando protestavo davanti a qualche racconto più stravagante del solito, Freud soleva replicare con il suo adagio preferito: «Esistono in cielo e in terra più cose di quante ne immagini la nostra filosofia.» Alcuni fatti avevano l'aspetto di pure coincidenze, altri parevano elaborazioni oscure di motivi inconsci. Quando si trattava di chiaroveggenza di episodi a distanza o visite di spiriti di defunti, m'azzardavo a rimproverarlo di questa sua inclinazione ad accettare le credenze occulte su basi inconsistenti, ed egli obiettava: «Non piacciono affatto neppure a me,8 ma contengono una certa verità», risposta concisa esprimente tuttavia entrambi gli aspetti della sua natura. Gli chiesi dove mai si sarebbero arrestate simili credenze: se si è capaci di credere che i processi mentali vaghino per aria, si può andare oltre e credere negli angeli. A questo punto (erano quasi le tre del mattino) chiuse la discussione con queste parole: «Proprio così, anche nel buon Dio», dette in tono scherzoso come se condividesse la mia reductio ad absurdum, ma con uno sguardo interrogativo, come se si compiacesse di scandalizzarmi. Ma quel suo sguardo mi scrutava, e io me ne andai non proprio felice, chiedendomi se nel suo tono non v'era anche un accento più serio.

Freud non volle mai ammettere che il credere nella telepatia sia così incompatibile con i dettami scientifici come sembra, e lo spiegava, in modo un po' approssimativo, facendo un'interessante distinzione (sebbene non fondamentale) fra trasmissione del pensiero e telepatia. La prima rappresenta probabilmente il processo più semplice: un messaggio verbale si trasforma in un'onda o raggio di natura sconosciuta, come in parte avviene di un messaggio telefonico; una volta ricevuto, esso viene ritrasformato in termini mentali. La telepatia crea di per sé una particolare sensibilità, fondata su uno stretto legame emotivo tra due persone di natura siffatta che se a una delle due accade una contrarietà (nota bene: qualcosa di avverso), l'altra lo percepisce immediatamente; come vedremo, durante la guerra Freud immaginò varie volte che ciò si verificasse tra lui e suo figlio maggiore. Non si spiega come tale messaggio venga lanciato in caso di morte: l'accidente verrebbe evidentemente percepito in assenza di un messaggio verbale.

Dopo questa digressione sulla natura generale e sul significato della telepatia, possiamo riprendere il racconto cronologico dei contatti di Freud con i fenomeni dell'occultismo.

Freud ha personalmente annotato diversi casi di atti magici eseguiti inconsciamente allo scopo di evitare una calamità. Il primo risale al 1905, quando la figlia maggiore si trovava in pericolo di vita in seguito a un grave intervento. Freud era tutt'altro che goffo nei movimenti: era anzi così preciso che mai gli occorse di rompere accidentalmente uno dei delicati e preziosi oggetti della collezione che pur riempiva le sue stanze. In questa occasione, invece, si sorprese nell'atto di assestare con la pantofola un colpo sapiente a una piccola Venere marmorea che andò in pezzi. Era un'offerta sacrificale per salvare la vita della figlia. Freud riferisce altri due atti del genere compiuti inconsciamente: la rottura del coperchio di marmo del calamaio onde indurre la sorella a regalargliene uno più bello, e la rottura di una graziosa figurina egiziana appena comprata, sacrificata invece di un'amicizia cui teneva e che reputava pericolante. Questo aspetto della sua mentalità perdurò finché visse. Ancora nel 1925 ci racconta di aver smarrito busta e occhiali nei boschi proprio quando stava aspettando l'arrivo di Anna: poco prima era avvenuto un incidente ferroviario, e con questo sacrificio egli voleva assicurarsi che l'evento non si ripetesse durante il viaggio della figlia.

Questi atti apotropaici per scansare il male trovano una contropartita nella credenza nel significato sinistro dei presagi. Ho già raccontato che una volta, avendo incontrato uno che gli somigliava tanto da dargli l'impressione fantastica di vedere il suo «sosia», Freud pensò immediatamente che questo potesse essere presagio della propria morte imminente.

Non meno ci stupisce fino a che punto Freud accettasse la dottrina «biologica» del suo amico Fliess sull'influsso fatale dei due portentosi numeri 28 e 23: abbiamo però visto anche che Freud si interessò ai numeri mistici assai prima che comparisse sulla scena Fliess. Secondo quest'ultimo i calcoli basati su questi due numeri possono predire il futuro

e sotto questo aspetto la dottrina rientra senz'altro nell'occultismo. Anche quando, dopo anni di lotta, Freud si emancipò dall'influsso del vecchio amico e una penosa lite li ebbe separati per sempre, egli conservò un residuo delle antiche credenze.14 Nella sua corrispondenza ricorrono spesso allusioni ai misteriosi numeri. Se dice a Ferenczi di aver avuto un attacco di emicrania 23 + 2 giorni dopo il suo compleanno, o rimprovera a Jung di non aver ricevuto lettere dopo 28 — 3 giorni dall'ultima, siamo costretti a concludere che delle osservazioni così prive di senso, e indubbiamente semi-scherzose, stavano ad indicare una fede persistente nel significato di questi numeri.

Nel 1908 Freud descrisse alla Società Psicoanalitica di Vienna tre casi che potevano interpretarsi come trasmissione del pensiero; la loro analisi invece fornì delle spiegazioni più naturali ed escluse ogni idea di telepatia. Anche qui, come nell'ultimo caso, lo scetticismo di Freud e il suo potere critico sopraffecero ogni tentazione di credere alla chiaroveggenza e alla telepatia.

Nel libro Gradiva (1907) Freud porta un notevole esempio personale della difficoltà che si incontra a liberarsi completamente delle credenze irrazionali dell'infanzia e della vergogna che si prova quando esse ricompaiono improvvisamente in circostanze che forzano momentaneamente a ricorrervi. «Considerate che il fatto di credere agli spiriti, alle apparizioni e al ritorno delle anime dei defunti (che trova un avallo così potente nella religione, alla quale tutti, almeno da bambini, abbiamo fatto ricorso) non è completamente scomparso nemmeno tra le persone colte, e che molti individui altrimenti ragionevoli trovano che interessarsi allo spiritismo sia compatibile con i dettami della ragione. Anche chi è riuscito a diventare indifferente e incredulo, si accorgerà con vergogna quanto sia facile tornare a credere per un momento negli spiriti quando si è scossi da qualche emozione.» Freud riferisce una propria esperienza: nell'incontrare la sorella di un paziente deceduto (cui essa somigliava assai), Freud rimase così sorpreso che sul momento si disse: «Allora è vero, dopo tutto, che i morti possono tornare»; poi subito provò un senso di vergogna per questa momentanea debolezza.

Poco tempo dopo Freud cadde sotto l'influenza di due uomini che oltre ad essere i suoi migliori amici propendevano all'occultismo assai più di quanto lui non abbia mai fatto, neppure in seguito. Si trattava di Jung e di Ferenczi; il primo precedette il secondo. Jung era ingolfato in diversi problemi di occultismo e, com'è noto, lo è tuttora. In occasione di una delle sue prime visite a Vienna, il 25 marzo 1909, deliziò per una sera Freud con lo straordinario racconto dei suoi esperimenti e fece mostra delle sue capacità di folletto eseguendo vari numeri basati sui rumori della mobilia. Freud ammise di esser rimasto impressionatissimo da quest'impresa, e cercò di ripeterla dopo che Jung se ne fu andato; scoprì allora le banali ragioni fìsiche dei lievi rumori uditi e osservò che la sua credulità era svanita insieme all'incantesimo della personalità di Jung. Scrisse immediatamente all'amico ammonendolo di non scaldarsi troppo con storie del genere.

Anche Ferenczi credeva nell'occultismo assai più di Freud. Era pervenuto a interessarsi all'argomento in modo del tutto indipendente, come dimostra il fatto di averne trattato nel suo primo lavoro, che risale al 1899; sotto questo aspetto somigliava a Jung. Non v'è dubbio che il suo entusiasmo contribuì moltissimo ad influenzare Freud in questo campo; non fu però un influsso unidirezionale. Talvolta l'eccessiva credulità di Ferenczi provocò in Freud una reazione critica che lo rese più cauto di quanto non sarebbe stato altrimenti. Ciononostante esisteva tra i due uomini una stretta intesa. Buona parte della loro corrispondenza, per anni e anni, tratta e discute i vari aspetti dell'argomento. I loro contatti in proposito cominciarono prestissimo, nel primo anno della loro conoscenza, e v'è motivo di credere che il primo a intavolarli fosse Ferenczi.

M'ero ripromesso di leggere le lettere di Freud a Ferenczi dopo il loro ritorno dall'America nel 1909, sperando che contenessero qualche interessante scambio di vedute su quel famoso viaggio; invece esse non dicono molto, e quel poco l'ho già riferito nel volume precedente. Le lettere di Freud a Ferenczi sono dedicate quasi interamente all'animata discussione di un'esperienza avuta a Berlino nel viaggio di ritorno. In quella città essi erano andati da un'indovina di cui Ferenczi aveva sentito parlare, probabilmente attraverso suo fratello che viveva a Berlino. Questa donna, Frau Seidler, pretendeva di poter leggere le lettere con gli occhi bendati, uno dei trucchi più elementari dei medium. Freud si rese conto del trucco, ciononostante sia lui che Ferenczi furono propensi a credere che fosse dotata di poteri telepatici e avesse letto -i pensieri di Ferenczi su Freud, cioè che questo ultimo era insoddisfatto dell'ambiente in cui viveva, che era uno studioso, e altre cose altrettanto banali. Decisero allora di sottoporre l'indovina a un'altra prova. Secondo Freud era inutile chiedere alla donna notizie sul futuro, che «si riforma sempre ex novo e neppure l'Onnipotente lo conosce in anticipo». Era rimasto molto impressionato perché la donna aveva indovinato che la lettera che le era stata mostrata (di Freud a Ferenczi) proveniva da Vienna, finché in seguito si ricordò che nella lettera ricorreva questo nome, e l'indovina l'aveva certamente letto. Dopo aver riflettuto per qualche giorno sull'esperimento, Freud scrisse a Ferenczi una lunga lettera nella quale gli esponeva le proprie conclusioni. Secondo lui non v'era altra spiegazione possibile se non che la donna possedeva un «dono fisiologico» grazie al quale riusciva a intercettare i pensieri altrui, sebbene spesso ciò avvenisse con notevoli distorsioni dovute al passaggio da un cervello all'altro. Per Freud ammetterlo non significava accettare di credere nell'occultismo. «Certamente no; è solo una questione di trasmissione del pensiero. Se questo è dimostrato, bisogna crederci. Non si tratta di un fenomeno psichico, ma puramente somatico e, senz'altro, di primaria importanza... Temo che Lei abbia cominciato a scoprire qualcosa di grosso, ma sarà molto difficile trovare il modo di servirsene.» Freud parlò della cosa a Heller, l'editore (che aveva fatto personalmente qualche esperimento con la signora Seidler), pur promettendo a Ferenczi un riserbo assoluto.

Ferenczi mandò varie lettere al fratello a Berlino, e questi le portò alla chiaroveggente. Non ne venne fuori gran che. Ferenczi rimase però impressionato nell'apprendere che la donna aveva detto del mittente di una delle lettere (un pittore) che si trattava di uno che «rimestava con le mani qualcosa in un vaso», descrizione dell'arte del pittore che Freud trovò alquanto curiosa.

Ferenczi andò anche da un'indovina di Budapest, una certa signora Jelinek, che aveva spesso servito da medium nei circoli teosofici. Le sue comunicazioni furono però troppo banali perché Ferenczi si lasciasse impressionare.

Alcuni mesi dopo egli mandò a Freud un insieme di appunti presi ogni qual volta un suo paziente, masochista e omosessuale, cominciava la seduta analitica con parole che rammentavano a Ferenczi pensieri occorsigli nelle ventiquattr'ore precedenti. Uno scettico le avrebbe respinte come coincidenze oppure le avrebbe messe in rapporto a pensieri che Ferenczi poteva avere precedentemente espresso al paziente. Le associazioni in proposito del paziente, che Ferenczi disgraziatamente trascura di fornire, erano di natura strettamente personale e non avevano nulla a che fare con l'analista. Freud, invece, rimase molto impressionato da questi dati e affermò enfaticamente che essi ponevano fine a qualsiasi dubbio residuo sulla trasmissione del pensiero: da allora in poi questa nuova cognizione andava tenuta per ferma

Dopo un po', Freud comunicò, in tono alquanto scettico, i seguenti dati. A Monaco esisteva una «astrologa di Corte», Frau Arnold, frequentata dall'aristocrazia bavarese, la quale prediceva il futuro in base a dati astrologici. Un paziente di Freud nel consultarla le aveva fornito la data di nascita del marito dell'unica sorella, e la donna aveva fatto subito una buona descrizione di questo signore, al quale predisse per luglio (si era in gennaio) un avvelenamento o da ostriche o da granchi. All'epoca indicata non era avvenuto nulla, ma il signore in questione aveva effettivamente subito un avvelenamento da aragoste nel luglio precedente: la donna aveva cioè proiettato il passato nel futuro. Il commento di Freud, che si trattava dell'errore più madornale che un profeta potesse commettere, non impressionò il paziente «che si rallegrava troppo di tale prospettiva». Nell'aprile dell'anno seguente, in seguito allo studio delle date di nascita del paziente e della di lui sorella, l'indovina predisse che in ottobre o novembre avrebbero avuto una morte in famiglia, forse quella del detestato cognato. L'unica coincidenza fu che in ottobre il paziente decise di iniziare l'analisi con Freud, e a metà novembre ammise di contare sulla morte del cognato, parve cioè che l'astrologa avesse indovinato i cattivi pensieri del paziente. Freud forniva a Ferenczi l'indirizzo della donna, nel caso volesse consultarla. Più di vent'anni dopo pubblicò poi il caso.

Ferenczi continuò a mandare a Freud esempi di telepatia forniti dal suo paziente omosessuale, e se ne venne fuori con la straordinaria scoperta di essere egli stesso «un eccellente indovino o lettore del pensiero». Facendo degli esperimenti con questo stesso paziente, aveva scoperto che costui riusciva a indovinare approssimativamente il pensiero nella mente del suo analista: questo rivoluzionava la tecnica psicoanalitica. A questo punto devo dire che un paio di anni dopo Ferenczi fece analoghi esperimenti con me: si' servì in pieno dei suoi poteri di suggestione, pregandomi, quasi con le lacrime agli occhi, di cogliere il significato dell'analogia tra le mie associazioni e i suoi pensieri inespressi, per quanto remota tale connessione potesse essere. Il suo zelo era così commovente che a volte cedetti per cortesia, ma, avendo in proposito convinzioni ben radicate, temo di aver costituito in complesso una delusione per il mio amico, sebbene egli non rinunciasse tanto facilmente alla speranza di convertirmi.

Annunciò anzi a Freud, scherzando ma non senza orgoglio, la sua intenzione di presentarsi a Vienna come «astrologo di Corte degli psicoanalisti» e, più seriamente, di voler pubblicare i suoi dati e le conclusioni che ne aveva tratte. Freud si rendeva perfettamente conto delle conseguenze di un atto simile: entrare in un argomento cosi sospetto, non avrebbe che ribadito l'odio che già investiva il «non scientifico» argomento della psicoanalisi. Non essendo però uomo da intralciare chi voleva asserire una verità, per quanto impopolare questa potesse essere, disse all'amico che non voleva interferire sulla sua libertà d'azione, ma gli suggeriva di attendere un paio d'anni: nel 1913 avrebbe pubblicato sullo «Jahrbuch» tutto quello che Ferenczi volesse scrivere sull'argomento.

In quello stesso mese (dicembre 1910) Freud andò a Monaco per incontrarsi con Bleuler e Jung; era sua intenzione andare dalla suddetta astrologa, ma non riuscì a ricordare che il nome della strada dove costei abitava, fatto che interpretò come un segno della propria «debolezza». Questa sua osservazione rivela che egli provava un vago senso di vergogna per questa spedizione, ma potrebbe anche significare che le sue capacità critiche stavano all'erta. Non fu però questa l'unica volta che Freud si servì di una paraprassia inconscia per interferire nelle proprie ricerche sull'occultismo.

In questa occasione Freud parlò a lungo con Jung delle scoperte di Ferenczi: non si stupì nell'apprendere che Jung era da tempo pienamente convinto della realtà della telepatia e aveva eseguito degli esperimenti estremamente convincenti. Jung si dichiarò disposto a collaborare in questo campo con Ferenczi; i due si scambiarono alcune lettere, ma per qualche motivo la loro collaborazione finì nel nulla.

All'inizio del nuovo anno Freud comunicava a Ferenczi il più bel caso di telepatia che gli fosse finora capitato: si trattava di una donna che a 32 anni aveva avuto una gravidanza bigemina.

Ferenczi si faceva intraprendente. Incontrando in tram un soldato, cercò di indovinare il nome; nello scendere, gli chiese: «Lei è il signor Kohn?»; l'uomo, stupito, rispose di sì. Freud trovò l'episodio «di una bellezza fantastica», ma non potè attribuirlo a telepatia perché era difficile che l'uomo portasse indosso il proprio nome come un'aura percepibile. Successivamente dichiarò di esser rimasto impressionato dall'argomento di Ferenczi, secondo il quale il nome di una persona costituisce un'area sensibile e può

quindi esser comunicato più facilmente a un estraneo. Aggiungeva: «Jung mi scrive che dobbiamo conquistare il campo dell'occultismo e chiede il mio consenso per mettersi a capo di una crociata nel campo del misticismo. Vedo che non è possibile trattenervi. Almeno andate avanti collaborando insieme:  è una spedizione pericolosa e io non posso accompagnarvi.»

Anche Ferenczi cominciava a chiedersi se il progetto di una simile «spedizione» non era prematuro, e Freud fu d'accordo con lui. Siccome ammetteva che la faccenda potesse avere conseguenze gravi o perlomeno importanti per il movimento psicoanalitico, o addirittura fatali se si fosse dimostrato che stavano seguendo una traccia sbagliata, Ferenczi chiese a Freud di convocare Jung a Vienna per discutere l'intera questione.

Un mese dopo Jung li colse di sorpresa riferendo a Freud certe stupefacenti scoperte astrologiche che sicuramente (e a ragione) sarebbero parse a Freud addirittura incredibili. In questo campo Freud era un vero miscredente.

Per un altro anno non sentimmo più parlare dell'argomento; l'interesse di Ferenczi si risveglia al rumore suscitato in Germania dalle straordinarie esibizioni di un cavallo a Elberfeld; questo animale, chiamato «il saggio Hans», sapeva fare le addizioni, le sottrazioni, disegnare cerchi, ecc. Ferenczi è sicuro di poter dimostrare con questo che la telepatia è una dote primordiale degli animali, della quale nell'uomo, a causa dello sviluppo della coscienza, non rimangono che delle tracce. Ferenczi proponeva di assentarsi per una settimana dal lavoro per andare a vedere personalmente questo cavallo e tornare a Berlino dall'indovina: avrebbe poi scritto sulla questione un opuscolo per le Schriften zur angewandten Seelenkunde (Scritti di psicologia applicata) di Freud. Inviò a quest'ultimo il resoconto dei quattro capitoli che lo avrebbero composto e ne sollecitò la pubblicazione per evitare che le sue idee venissero precorse da qualcun altro. Questa volta Freud rimase assai soddisfatto e promise di pubblicare il lavoro apr pena possibile; sollecitò Ferenczi ad assentarsi dal lavoro per 15 giorni invece di una settimana per poter studiare la letteratura a fondo e scrivere l'opuscolo al più presto. Come titolo suggerì: «L'inconscio e la trasmissione del pensiero.»

Personalmente Freud non pensava che le esibizioni dell'intelligente cavallo fossero indizio di un'attività telepatica: la naturale intelligenza degli animali corrisponde abbastanza bene alle nostre idee inconsce.

Poco tempo dopo, tuttavia, saltò fuori una nuova prova di trasmissione del pensiero: Freud riferì che, mancando da vari giorni di notizie di Ferenczi, si era seduto con l'intenzione di scrivergli per domandargli il motivo di questo suo silenzio. Da questa sua decisione aveva dedotto che essa doveva coincidere con l'invio di una lettera da parte di Ferenczi (un messaggio telepatico gli sarebbe cioè pervenuto da Budapest) e aveva perciò tardato a scrivere in modo che le loro lettere non si incrociassero. Risultò che aveva ragione, come spesso accade, in effetti,  in casi simili.

Sembra che Ferenczi desistesse dal progetto di scrivere l'opuscolo, in seguito alla scoperta dell'immensa mole di letteratura che gli sarebbe toccato scorrere. Il 19 novembre dell'anno successivo (1913) tenne una relazione sull'argomento alla Società di Vienna, suscitando grande interesse. Ma l'indovino che aveva portato con sé, un certo «professore» Alexander Roth, fu un vero disastro, per cui la riunione si risolse in un fiasco. Quattro giorni dopo Freud organizzò una seduta in casa sua con questo stesso individuo; essa ebbe luogo in presenza dei familiari e di tre altri analisti: Rank, Sachs e Hitschmann. La medium che doveva provocare i misteriosi fenomeni era una donna che Roth metteva alle strette con le sue domande. Anna Freud, che ricorda molto chiaramente l'episodio, mi scrive in una lettera: «Ricordo che sia mio padre che io rimanemmo colpiti dalla brutalità con cui la povera donna veniva sollecitata, forzata, spinta a fornire dei risultati.» Con grande delusione di Ferenczi, il risultato della seduta fu completamente negativo, e Freud rifiutò di dare a Roth l'attestato che questi si aspettava. Ferenczi incautamente gliene aveva già rilasciato uno, e l'uomo andò in giro vantandosi del successo ottenuto tra gli psicoanalisti. Freud rimproverò Ferenczi piuttosto severamente per aver creduto a un uomo che aveva fatto a lui, Freud, una pessima impressione; gli disse che se i trucchi da impostore di quell'individuo venivano sconfessati pubblicamente, si vedeva costretto a smentire Ferenczi; lo pregò di ricomprare perciò l'attestato che aveva concesso cosi precipitosamente. Ferenczi non vedeva come riuscirci, ma, date le circostanze, decise di desistere da qualsiasi progetto di pubblicazione, almeno per il momento. E non scrisse mai più nulla sull'argomento.

Quando nel novembre 1914 morì Emanuel, il fratellastro di Freud, Ferenczi dichiarò che a suo parere l'evento confermava una predizione di Jung secondo la quale nel 1914 sarebbe capitata a Freud una grande disgrazia. Freud la ritenne una sciocchezza e aggiunse: «Lei mi sembra ingolfato nell'occultismo più di quanto credessi. Non è stata una disgrazia sufficiente la guerra? Se essa durerà abbastanza da provocare in qualche modo la mia morte, allora si avvererà la mia superstizione nei numeri, che Lei conosce.»

Ho già raccontato che l'8 luglio 1915 Freud sognò la morte del figlio; durante la guerra fece molti sogni del genere, ma questo fu così vivido, che attese con ansia le notizie dal fronte russo. In una cartolina di tre giorni dopo il figlio parlava di una ferita superficiale già risanata. Freud allora cercò di sapere la data esatta in cui questo era avvenuto, ma la sua domanda non ebbe eco. Ammetteva che non si può pretendere che messaggi di questo tipo facciano una distinzione ,tra ferite leggere e ferite mortali, e aggiungeva che a suo parere la zona del cervello che lavora in questo strano modo è molto più sensibile di notte. Prendendolo alla lettera, queste sue parole possono significare solo che il suo cervello aveva la capacità di percepire gli accidenti a 500 chilometri di distanza, ovvero che un eroe ferito era capace di trasmettere un messaggio dalla stessa distanza. Entrambi i sistemi trascendono i mezzi di comunicazione a nostra conoscenza. Nel commentare l'episodio Ferenczi non solo sosteneva che telepatia e chiaroveggenza rientrano nel dominio della scienza, ma che vi rientra pure la capacità di predire il futuro con analoghi metodi.45 Ho già riferito il commento di Martin Freud sull'incidente.

L'episodio serve comunque a illustrare l'ambivalenza dell'atteggiamento di Freud. A un'ansia superstiziosa quando attendeva lettere dal fronte, si accompagnava in lui un atteggiamento critico nei confronti delle occulte possibilità in gioco. Il sogno era seguito alla lettura di un libro di Put-nam: Human Motìves («Motivi umani»); Freud si era seccato che nell'introduzione Putnam lo esortasse ad assumere un atteggiamento più benevolo nei confronti della fede religiosa. Secondo Freud, uno dei significati del sogno era quello di una sfida ai poteri occulti, al fine di accertarsi se essi possono essere così distruttivi com'egli aveva spesso temuto.

Fin dal 1900, Freud coltiva quella che definiva una superstizione, e cioè che era suo destino morire a 61 o 62 anni, cioè nel 1917 o 1918; pare che ne fosse anche abbastanza sicuro, poiché vi accenna ripetutamente nella corrispondenza. Quando il 1917 fu trascorso senza recare avvenimenti letali, non rimase che il 1918: morire cioè a 62 anni. Non sappiamo per quale ragione (forse in quanto numero 2) il mese fatale doveva essere febbraio. Quando anche quest'epoca fu trascorsa impunemente, Freud commentò seccamente con Ferenczi: «Questo dimostra quanto si debba prestare

poca fede al soprannaturale.» Aveva rivelato l'origine di questa curiosa superstizione a Jung nei primi tempi della loro amicizia: sembra che nell'autunno del 1899 si fosse verificata la coincidenza di due avvenimenti, uno importantissimo, l'altro banale: e cioè la pubblicazione della sua grande opera L'interpretazione dei sogni a 43 anni (la data di pubblicazione del 1900 è inesatta), e l'assegnazione di un nuovo numero telefonico, 14362. Alcuni mesi dopo, quando avvenne la rottura con il suo amico Fliess, maniaco dei numeri, i due numeri vennero finalmente a contatto acquistando un significato: 43 era comune a entrambi, rimanevano perciò 61 e 62. Freud associò la superstizione al pensiero che con l'Interpretazione dei sogni la sua opera era compiuta, da lui non ci si doveva aspettare altro e poteva perciò morire in pace. A quell'epoca gli faceva senz'altro piacere pensare che gli rimanevano ancora un bel po' d'anni prima della dipartita.

L'occasione per rivelare questa spiegazione gli fu offerta da una discussione con Jung circa «le incomprensibili cose tra cielo e terra». Riferì ad esempio un misterioso fatto occorsogli durante il viaggio in 'Grecia nel 1904: lungo il percorso lo aveva colpito la frequenza con cui lo perseguitava su tutti gli oggetti numerati (biglietti, ecc.) il numero 61, ovvero il numero 60 in connessione a un 1 o un 2. Prese allora nota di ogni volta che ciò gli accadeva. Giunto ad Atene, tirò un sospiro di sollievo quando seppe che gli avevano assegnato una camera al primo piano, dov'era poco probabile incorrere nel numero 62. Il numero della camera era 31, la metà di 62. Da allora in poi si ebbe un mutamento: per i successivi cinque o sei anni fu perseguitato dal numero 31 nel quale s'imbatteva dovunque andasse. Generalmente, aggiunse, tendeva a spiegare queste ossessioni come risultato in parte di una maggiore attenzione determinata da motivazioni inconsce, in parte dall'innegabile esistenza di una complicità da parte del caso, che riveste nella formazione dei deliri lo stesso ruolo che la compiacenza somatica esercita nella formazione dei sintomi isterici.

Un paio d'anni dopo la guerra si risvegliò in Freud l'interesse per la telepatia: aveva riflettuto sui più profondi problemi della vita e della morte e su una possibile immortalità (nel protozoo o nel plasma germinale), argomenti che possono facilmente tralignare nei problemi dell'occultismo. Recentemente, poi, Stekel aveva trattato a fondo l'argomento in un libro che Freud cita nel suo lavoro Sogni e telepatia. Rispondendo ad Eitingon che gli aveva mandato alcuni  libri  sull'occultismo,  Freud  scriveva: «Il solo pensiero di quella mela acerba mi fa rabbrividire, eppure non si può fare a meno di morderla.» Egli era più pronto a confessare i propri dubbi ad Eitingon o a me ~ alquanto scettici sull'argomento -che non a Ferenczi. Poco tempo dopo confessò ad Eitingon che due problemi lo facevano impazzire: il dilemma Bacon-Shakespeare e l'occultismo. Eitingon gli aveva appunto mandato da Parigi un libro recentemente pubblicato da Richet.

Nell'estate del 1921 Freud fu invitato a partecipare in qualità di co-redattore a tre diversi periodici dedicati allo studio dell'occultismo: uno dei tre inviti proveniva da Hereward Carrington, di' New York. Freud li declinò tutti e tre. Carrington riferì in seguito che nel rispondere Freud aveva scritto: «Se dovessi vivere una seconda volta, mi dedicherei alla ricerca psichica più che alla psicoanalisi.» George Lawton, al quale Carrington riferì la frase, scrisse immediatamente a Freud dicendogli che anche ammettendo che Freud potesse interessarsi alle ricerche psichiche come ad un eventuale campo di applicazione delle teorie psicoanalitiche, non riusciva a credere che la dichiarazione che gli veniva attribuita fosse sua. Ecco la risposta di Freud in data 20 dicembre 1929: «Mi dispiace che non abbia letto personalmente la lettera che ho scritto a Carrington: si sarebbe facilmente convinto che non ho detto nulla che giustificasse tale affermazione. Sono contento di poterLe confermare che il Suo giudizio sui miei rapporti con la ricerca psichica è esatto.»

Freud però smentiva a torto. Gli otto anni trascorsi avevano evidentemente cancellato il ricordo di questo passo sorprendente e inatteso: il dr. Nandor Fodor infatti mi ha cortesemente fatto avere dal signor Carrington una fotocopia della lettera di Freud ed è indubbio che la frase in questione vi ricorre.

Fu in quell'estate che Freud lesse al Comitato il suo lavoro su Psicoanalisi e telepatia, pubblicato postumo. Egli propose velatamente di leggerlo di nuovo al prossimo Congresso (quello di Berlino del 1922), ma Eitingon e io lo dissuademmo. Ma non era facile trattenerlo, e nel 1922 pubblicò un lavoro dal più cauto titolo Sogni e telepatia.

Pare che Freud non rimanesse completamente convinto sulla questione della pubblicazione o meno del precedente lavoro, poiché un paio d'anni dopo ci scrisse: «Il lavoro letterario che mi ha più impressionato, questo mese, è stata una Relazione su esperimenti telepatici con il prof. Murray ("Atti della Società di Ricerche Psichiche", dicembre 1924). Confesso che l'impressione che mi ha fatto questo rapporto è così forte che sono pronto a rinunciare alla mia opposizione circa l'esistenza di una trasmissione del pensiero, sebbene naturalmente non possa minimamente contribuire a spiegarlo. Sono quasi disposto a sostenere con la psicoanalisi la questione della telepatia. Eitingon ha portato con sé il manoscritto di un mio saggio personale in cui indico appunto in che modo l'analisi possa rafforzare l'ipotesi della telepatia. Oggi dovrei decidermi a dare al mondo questo saggio e non sottrarmi allo scandalo che esso inevitabilmente susciterebbe. Sussiste però l'ostacolo insuperabile dei limiti imposti dal segreto professionale, che pubblicando i dati della vita dei miei due pazienti verrebbe gravemente leso. È appunto lo scandalo che tale pubblicazione susciterebbe, che impone il riserbo come un dovere: del resto non è possibile alterare i dati o giovarsi di espedienti atti a smussarne l'effetto. L'ostacolo verrebbe a mancare qualora il destino facesse morire queste due persone e le loro predizioni non si avverassero prima della mia morte.» Un mese dopo ci scrisse: «Una di queste domeniche è stato qui Ferenczi. Noi tre abbiamo fatto degli esperimenti di trasmissione del pensiero, abbastanza riusciti, soprattutto quelli in cui io fungevo da medium e analizzavo le mie associazioni. La faccenda sta acquistando per noi grande importanza.» Viceversa lo stesso giorno in cui Freud ci scriveva questa lettera io ne inviavo una circolare nella quale dicevo tra l'altro: «Non posso condividere l'ottimismo di Ferenczi sul fatto di servirsi della telepatia come prova oggettiva della realtà delle asserzioni della psicoanalisi. Al contrario, almeno in Inghilterra gran parte dell'opposizione alla psicoanalisi (vedi la mia recensione del libro di McBride nel VI volume del "Journal") si basa sulla supposizione che la psicoanalisi agisca tramite fattori ("la psiche") che si credono indipendenti dal corpo. Anche il pregiudizio contro la telepatia è così radicato che qualsiasi confusione dei due argomenti non avrebbe altro effetto che quello di ritardare l'accettazione della psicoanalisi. Siccome quest'ultimo fine è quello che più sta a cuore al professore, trovo comprensibile che personalmente egli metta da parte qualsiasi interesse egli possa provare per la telepatia, e non posso che lodare la sua decisione. Allo stesso tempo non ci possiamo attendere lo stesso sacrificio da tutti gli psicoanalisti, ma è ragionevole sperare che chiunque vorrà scrivere qualcosa sulla telepatia, metterà bene in chiaro che lo fa indipendentemente dalla psicoanalisi e non desidera dimostrare che la validità dell'una dipende o meno dalla validità dell'altra. Sarebbe un semplice atto di giustizia nei confronti di quegli psicoanalisti che come me sono tutt'altro che convinti della verità della telepatia e non gradiscono quindi la possibilità che le loro convinzioni psicoanalitiche vengano coinvolte in qualcosa che essi non approvano. Assumerei lo stesso atteggiamento nei confronti di qualsiasi tipo di filosofìa, politica, ecc.»

La mia lettera ebbe apparentemente un certo effetto, perché quando Fe-renczi quella stessa settimana comunicò a Freud di voler riferire sui suoi esperimenti di telepatia al prossimo Congresso (quello di Homhurg del 1925), Freud gli rispose: «La sconsiglio. Non lo faccia. La Sua esperienza e i Suoi esperimenti non sono più straordinari, o più esenti da dubbio di quelli riportati nella letteratura, che finora non hanno riscosso alcun credito. La sola cosa nuova nella Sua relazione sarebbe l'elemento personale e l'influenza personale che ne emanerebbe. Con questo Lei getterebbe una bomba nell'edificio psicoanalitico, che sicuramente esploderebbe. Certamente è d'accordo con me nel non volere affrettare questo inconveniente, forse inevitabile nel corso del nostro sviluppo.»

Le mie apprensioni si rivelarono pienamente giustificate. Alla fine dell'anno pubblicammo il IV volume dei Collected Paperi di Freud, che conteneva la traduzione del suo lavoro Sogni e telepatia. Nel frattempo egli pubblicava nelle Gesammelte Scbriften, allora in preparazione, una parte speciale intitolata Il significato occulto dei sogni, in cui ammetteva chiaramente di accettare la telepatia. In una lettera circolare scrissi: «Sul numero di questo mese di "Psyche" è apparso un articolo di fondo intitolato La conversione di Freud nonché un secondo articolo, sempre sullo stesso argomento, nel quale si legge: "Pochi anni fa a molti seguaci della scuola di Vienna dev'esser parso che l'analisi dei sogni si andasse evolvendo come scienza non del tutto inesatta... Ma oggigiorno i profani sono una volta ancora non lontani dal bivio, poiché se si accetta la telepatia, la possibilità di stabilire una precisa etiologia onirica recederà in futuro di varie decadi, se non di interi secoli." Nella stampa popolare sono apparsi articoli anche più violenti in questo senso. La cosiddetta conversione ha incoraggiato i mistici, i quali sostengono ora che l'istinto vitale di Freud non differisce più dall'eletti vital di Bergson, ed è stata raccolta anche dagli avversari che affermano di esser sempre stati del parere che la psicoanalisi sia una branca dell'occultismo. Ecco dunque che le mie previsioni si sono malauguratamente avverate ancora una volta, e ci troviamo a dover fronteggiare un'altra resistenza.»

Nella lettera circolare che seguì, Freud scrisse: «Il nostro amico Jones mi sembra eccessivamente rattristato dalla sensazione suscitata nei periodici inglesi dalla mia conversione alla telepatia. Egli si ricorderà di quanto prossimo a tale conversione mi fossi dimostrato nella comunicazione che ebbi occasione di farvi durante il nostro viaggio nella Harz. Considerazioni di politica estera fatte in seguito, mi hanno trattenuto e anche abbastanza a lungo, ma in fin dei conti bisogna mostrarsi quali si è veramente e non preoccuparsi dello scandalo in questa occasione più di quanto ci se ne sia preoccupati in passato per cose anche più gravi.» A questo punto gli scrissi una lettera che dimostra quanto poco «orco» fosse Freud e con quanta franchezza gli si poteva invece parlare: «Lei ha ragione come al solito nel dire che mi preoccupo troppo per la faccenda della telepatia, dato che con il tempo supereremo le resistenze che essa suscita, così come abbiamo superato tutte le altre. Però Lei ha la fortuna di vivere in un paese nel quale la "Scienza Cristiana" insieme a tutte le altre forme di cosiddetta "ricerca psichica", chiromanzia e altri imbrogli del genere, non arrivano a intralciare la psicologia come qui da noi. Recentemente sono usciti in Inghilterra due libri nei quali si tenta, esclusivamente su questa base, di gettare discredito sulla psicoanalisi. Talvolta Lei dimentica di trovarsi personalmente in una posizione un po' speciale. Sotto il nome di psicoanalisi si passano tante cose, e quando la gente domanda, noi rispondiamo "la psicoanalisi è Freud" ; l'affermazione che la psicoanalisi conduce logicamente alla telepatia, ecc., è più difficile da affrontarsi. Personalmente Lei può anche essere bolscevico, ma non gioverebbe alla causa della psicoanalisi che Lei lo proclamasse pubblicamente. Perciò, quando "considerazioni di politica estera" l'hanno indotto a tacere prima, non capisco perché sotto questo aspetto la situazione dovrebbe essere ora mutata. Mentre la Sua prima comunicazione sull'argomento, su "Imago",67 mi è parsa adeguata alla situazione e cioè salvaguardasse l'integrità della teoria dei sogni anche se si riuscisse a provare l'esistenza della telepatia, questa seconda mi è sembrata solo inutile e dannosa. In ogni caso essa mi ha procurato un'esperienza nuova e inattesa, cioè quella di leggere un Suo scritto senza una sola scintilla di piacere o di consenso.»

In risposta a questo mio sfogo Freud mi scrisse: «Mi dispiace moltissimo che le mie dichiarazioni sulla telepatia L'abbiano precipitata in nuove difficoltà. Ma è davvero difficile non urtare la suscettibilità degli Inglesi... Non vedo come poter calmare l'opinione pubblica inglese, ma vorrei almeno spiegare a Lei la mia apparente incongruenza nella questione della telepatia. Lei ricorderà come già durante il viaggio nella Harz io avessi anticipato un giudizio favorevole nei confronti della telepatia. Allora non ritenni necessario renderlo pubblico, io stesso non ero pienamente convinto e la considerazione diplomatica di evitare qualsiasi accostamento della psicoanalisi con l'occultismo prese facilmente il sopravvento. Ora la revisione dell' Interpretazione dei sogni per l'edizione integrale mi ha spinto a riprendere in considerazione il problema della telepatia. Inoltre i miei esperimenti e le prove eseguite con Ferenczi e mia figlia mi hanno talmente convinto che le considerazioni diplomatiche hanno ceduto il campo. Mi son trovato ancora una volta di fronte a un caso nel quale, in scala, ridotta, ho dovuto ripetere l'esperimento cruciale della mia vita, e cioè esprimere-una convinzione senza tener conto dell'eco suscitata nel mondo. £ stato dunque inevitabile. Se qualcuno dice che ho ceduto al peccato, gli rispondo calmo che la mia conversione alla telepatia è un affare privato, come il fatto che sono ebreo, come la mia passione per il fumo.e come molte altre cose, e che il tema della telepatia è in sostanza alieno dalla psicoanalisi.» Non c'era altro da aggiungere.

Verso la fine dell'anno Freud chiese ad Eitingon il manoscritto del saggio della «Harz», forse con l'idea di finalmente pubblicarlo. Eitingon assicurò di averglielo restituito personalmente, aggiungendo che probabilmente era stato messo fuori posto. Venne infatti trovato tra le carte di Freud dopo la sua morte.

Incrociammo di nuovo le spade alla fine del 1932, quando in un capitolo delle Nuove lezioni introduttive Freud si pronunciò per l'ultima volta sulla questione della telepatia: ma la cosa fu assai meno grave e non vale la pena di raccontarla.

L'ultimo dato sull'argomento risale al 1938: Nàndor Fodor aveva mandato a Freud il manoscritto del suo libro Gli invasati: storia del folletto nei secoli. Ecco la risposta di Freud:

22 novembre 1938 20, Maresfield Gardens London N. W. 3. Gentile Signore,

forse non può immaginare quanto sia noiosa la lettura di attestati di esperimenti, precauzioni, prove testimoniali, ecc., per un lettore il quale tanto per cominciare, non attribuisce gran significato all'accettazione di eventi soprannaturali, soprattutto se hanno a che fare con stupidaggini come i cosiddetti folletti.

Tuttavia ho resistito, ricevendone un'ampia ricompensa.

Il modo in cui Lei svia il Suo interesse dalla questione se questi fenomeni siano reali o falsificati, e lo volge allo studio psicologico del medium, di cui indaga pure gli antefatti, mi sembra la via giusta per intraprendere quel piano di ricerche che condurrà a una spiegazione dei fatti in questione. È un grave peccato che l'Istituto Internazionale di Ricerche Psichiche non La voglia seguire in questa direzione. Inoltre reputo molto verosimile il risultato da Lei raggiunto nel caso particolare. Naturalmente sarebbe preferibile poterlo confermare attraverso una vera analisi della persona, ma questo evidentemente non. è fattibile.

Può riavere il Suo manoscritto: è pronto.

Con molti ringraziamenti per avermi mandato un materiale così interessante

Sinceramente Suo Sigmund Freud

Un paio di giorni dopo il dr. Fodor andò da Freud, che lo incoraggiò a proseguire le sue ricerche, molte delle quali sono state successivamente pubblicate.

Nel 1911 Freud era stato eletto membro corrispondente della Società di Ricerche Psichiche di Londra. Non so se questo avvenisse per l'interessamento di T. W. Mitchell, uno psicoanalista inglese divenuto nel 1922 presidente di quella società, ovvero grazie alle varie esposizioni delle idee di Freud pubblicate molti anni prima negli «Atti» della Società. Nel 1915 divenne membro onorario della Società Americana di Ricerche Psichiche, e nel dicembre 1923 di quella greca. Con questo si voleva forse esprimere la speranza che la psicoanalisi riuscisse a far luce sugli oscuri problemi dell'occultismo.

Passiamo ora da questi fatti personali alle pubblicazioni di Freud sull'argomento, che ci offrono, com'era prevedibile, un quadro molto diverso. Freud si dimostrò sempre estremamente cauto nel pubblicare delle opinioni che non poteva sostenere con delle prove, e in fatto di occultismo ne aveva pochissime. Una pubblicazione è molto più impegnativa di una lettera o di un colloquio personale e richiede una maggiore capacità critica da parte dell'autore.

Il primo lavoro di Freud sull'argomento fu trovato dopo la sua morte e pubblicato due anni dopo. Esso s'intitola L'adempimento di tm sogno

premonitore, e risale al 10 novembre 1899, cioè a 10 giorni dopo la comparsa dell'Interpretazione dei sogni. Si tratta di una breve ed elegante analisi: stupisce che Freud decidesse di non pubblicarla, ma molto probabilmente lo fece per discrezione professionale. Ne dette comunque un breve resoconto nella seconda edizione (1907) della Psicopatologia della vita quotidiana. La meticolosa analisi dell'episodio in questione (un incontro inatteso preconizzato da un sogno) fornisce una spiegazione perfettamente naturale di quella che a prima vista sembra una prova convincente di poteri profetici o di chiaroveggenza.

Nella prima edizione della Psicopatologia della vita quotidiana (1904) Freud discute la natura della superstizione, dimostrando molto chiaramente come un processo mentale del tutto inconscio può venir proiettato nel mondo esterno e si possa ascrivere a qualche agente nel mondo esterno un'intenzione che in realtà corrisponde al processo inconscio in questione. Il pensiero interiore e sconosciuto affiora alla coscienza come certezza di qualche azione esterna. A quell'epoca Freud negava enfaticamente di credere che circostanze esterne, completamente indipendenti dalla sua vita psichica, potessero rivelargli un qualsiasi segreto sul futuro (a prescindere naturalmente dalle comuni previsioni scientifiche). Ora va anche oltre, sostenendo che nella credenza mitologica e religiosa dell'esistenza di un mondo ultrasensibile e soprannaturale si rispecchiano vari processi inconsci. Ritraducendo questa credenza, quella del bene e del male, di Dio, dell'immortalità, ecc., nella loro forma originaria di processi mentali inconsci, quello che era metafisica diventa metapsicologia.

Nella terza edizione del libro (1910, anno in cui Freud e Ferenczi si interessavano all'argomento) Freud aggiunse una parte sui problemi pertinenti più propriamente all'occultismo: presentimenti, sogni profetici, telepatia, manifestazioni di influssi soprannaturali, ecc. Si domanda anche se questo genere di superstizioni scaturisca da fonti reali e si dichiara tutt'altro che propenso a negarne una estemporanea possibilità: esse richiedono anzi un'indagine approfondita. E se si riuscisse a dimostrare fenomeni «spiritici» ancor più straordinari, dovremmo essere pronti ad accettarli e ad apportare le necessarie modifiche alle leggi naturali esistenti «pur senza deviare dalla nostra fede nei rapporti universali del mondo». L'unica esperienza personale che riporta risale al periodo di Parigi (1886), quando si udì più volte chiamare per nome dalla voce della fidanzata.

Invece riesce a spiegare analiticamente, su una base puramente naturale esempi di fatti apparentemente occulti da lui riferiti.

Dopo di che negli scritti di Freud l'argomento non ricorre più fino agli anni 1919-1921, durante i quali scrisse in proposito ben tre lavori. Il primo articolo su 11 senso dell'inquietante uscì su «Imago» subito dopo la guerra (1919): fu scritto, o meglio riscritto, in maggio: doveva esistere quindi un abbozzo precedente. Si tratta di uno studio molto approfondito, di circa 30 pagine, contenente una gran quantità di fertili idee. Freud considerava questo lavoro un contributo di estetica, dando al termine il senso più vasto di «psicologia del sentimento». Fa notare che egli stesso per lungo tempo non aveva sperimentato il senso di mistero, cosa senz'altro vera se intendeva una paura intensa; aveva però provato talvolta questa sensazione nelle sue forme più mitigate, quelle che definiremo «bizzarre».

Freud distingue la particolare natura di questa sensazione speciale, cioè un senso di terrore e di orrore agghiacciante, dagli altri tipi di paura, e richiama l'attenzione sullo strano fatto che esso è in stretto rapporto con il suo contrario, cioè le idee di familiarità e di sicurezza. Questa ambiguità si esprime apertamente nei termini tedeschi heimlich e unheimlich,™ che in certi contesti vengono usati indifferentemente. Freud avanza l'ipotesi che il contrasto tra ciò che è misterioso e ciò che una volta era familiare può spiegarsi in gran parte con la repressione di quest'ultimo, e illustra la tesi con un'affascinante analisi dell'Uomo della Sabbia dei Racconti di E. T. A. Hoffmann. Le situazioni che risvegliano indirettamente le paure represse di castrazione o di morte costituiscono gli stimoli più caratteristici del senso di mistero.

Questa situazione presenta molte varianti. Il mistero può sorgere ad esempio quando gli eventi ci danno l'impressione che siamo perseguitati da inesplicabili ricorrenze. Tacendo il fatto che l'esempio è tratto dalla propria esperienza personale,81 Freud cita il caso di un uomo perseguitato dal numero 62, che risulta non solo essere il numero della sua stanza d'albergo ma anche quello del suo biglietto ferroviario, del portone che va varcando, e così via. Come dice egli stesso «la persona superstiziosa» comincerà a leggere in questa persecuzione un significato misterioso, come ad esempio un presagio dell'età in cui morirà: sappiamo che Freud coltivò questa particolare superstizione per quasi vent'anni, finché la data in questione non fu trascorsa. Egli pone questa osservazione  (senza che ce ne fosse bisogno, aggiungiamo noi) in relazione con la coazione a ripetere, da lui presentata quello stesso anno come un principio generale dell'esistenza.

Fra i molti argomenti discussi in questo saggio, c'è quello sul significato del credere in un proprio «sosia», cioè il motivo del Doppelgànger, che svolge un ruolo così importante nel pensiero primitivo, e dal quale neppure Freud era del tutto esente. Freud suggerisce che esso avesse origine come scongiuro contro una paventata estinzione, e rappresenti una delle fonti della fede nell'immortalità dell'anima.

Nel libro Totem e tabù Freud ha dimostrato che lo stadio animistico che l'umanità deve avere attraversato, per quanto incompletamente, nei primi stadi del suo sviluppo, si ritrova nella vita psichica del bambino e deve essere perciò nuovamente «superato» prima, di giungere a un contatto adeguato con la realtà. Questo superamento, però, è spesso meno completo di quanto si creda, e in diverse circostanze esiste una tendenza a regredirvi. Sono le situazioni che riattivano questo modo di pensare e la conseguente fede nel potere magico, che suscitano il sentimento di mistero. Tale sentimento può sorgere perciò da due tipi di situazioni: quelle che stimolano complessi infanti-ii profondamente rimossi e quelle che stimolano atteggiamenti animistici non completamente superati nel corso dello sviluppo. Naturalmente questi due tipi di situazioni spesso coincidono, poiché entrambe si riferiscono allo stesso periodo di vita. Inoltre l'atteggiamento animistico si riferisce in modo caratteristico a idee che sono state profondamente rimosse; uno degli esempi più tipici è il credere che i propri desideri criminali abbiano una onnipotente efficacia. La paura di qualcosa di terrificante, di misterioso e ostile, derivante da un agente demoniaco o soprannaturale, come ad esempio l'apparizione di un fantasma a mezzanotte, è sempre il risultato di una proiezione nel mondo esterno di desideri inconsci rimossi.

L'ultima parte del saggio è dedicata a un'interessante discussione dei rapporti tra immaginazione e realtà, nella quale Freud introduce l'interessante argomento dell'influsso estetico ed emotivo della finzione. Freud vi era giunto quando si era accorto che la conclusione da lui avanzata, che il senso di mistero nasce dal ritorno di materiale rimosso, non è reversibile: spesso tale ritorno non ha questo effetto. In complesso il senso di mistero risultante dal riaffioramento di complessi rimossi opera nella fantasia quanto nella vita attiva. Esiste però una grande differenza tra fantasia e vita reale

in tutti quei casi in cui si tratta di superare delle credenze animistiche. Nella fantasia, l'effetto dipende in gran parte dal fatto se l'autore ammette di muoversi in un mondo irreale, come avviene per lo più nelle favole, ovvero pretende di descrivere un mondo fisicamente reale: solo in quest'ultimo caso se ne ottiene l'impressione di mistero. Nella vita reale, invece, quelli che hanno superato solo in parte l'animismo infantile provano sempre un'impressione di mistero quando accade qualcosa che risveglia le antiche credenze. Già prima Freud aveva addotto l'esempio personale di una situazione che gli aveva improvvisamente strappato quell'esclamazione::<Ma allora è vero che i morti possono tornare!»

Questo saggio, a parte il valore scientifico del suo contenuto, è di parti-olare interesse per chi studia la personalità di Freud. Esso potrebbe essere stato composto da un qualunque razionalista dotato di sufficiente penetrazione psicologica, e rivela le capacità critiche di Freud in questo oscuro campo, nella veste di quella che potrebbe definirsi una cultura pura. In tutto il saggio Freud non accenna una sola volta all'eventualità che nelle esperienze di occultismo in discussione possa esistere «un granello di verità». Si ha quasi l'impressione che Freud voglia mettere a nudo ai propri occhi le radici psicologiche profonde. delle sue tendenze superstiziose. Malgrado questo, due anni dopo abbiamo nuovamente una sensibile oscillazione in senso opposto, e troviamo Freud, sospeso, sul punto di ristabilire le sue credenze nell'occulto. Forse possiamo mettere in relazione questa sua strana reversione con la notevole libertà concessa alla sua immaginazione, o fantasia, che lo portò a formulare ipotesi sui problemi più profondi che assillano l'umanità: la natura della morte, e i conflitti tra odio e amore e tra tendenze costruttive e distruttive nella vita.

Il lavoro successivo, Psicoanalisi e telepatia per motivi che abbiamo già riferito non venne mai pubblicato mentre Freud era vivo e uscì per la prima volta nel 1941. Esso fu scritto a Bad Gastein nell'agosto 1921 e letto a una riunione del Comitato, nella Harz, in settembre. Il movente immediato fu forse fornito a Freud dai tre recenti inviti a collaborare a peripdici di occultismo, inviti che aveva declinato; ma evidentemente sentiva la necessità di controbilanciare il rifiuto dimostrando, almeno a un ristretto gruppo di persone fidate, un atteggiamento più favorevole nei confronti di tale argomento.

Dapprima elenca una quantità di argomentazioni a dimostrare quanto naturale e promettente sarebbe un'alleanza tra analisti  e occultisti,  conclusione sulla quale solleva poi alcuni dubbi. Le due materie, dopo tutto, non si propongono gli stessi scopi. La maggior parte degli occultisti cerca solo una conferma di ciò in cui già crede, in fin dei conti per una specie di tendenza religiosa, mentre invece «gli analisti sono fondamentalmente degli incorreggibili meccanicisti e materialisti, anche quando non vogliono privare i processi emotivi e intellettuali di qualche loro attributo non ancora chiarito». È poi indubbio che gli analisti che studiassero i fenomeni occulti si troverebbero ben presto nella condizione di confermare la realtà di molti di tali fenomeni; gli occultisti allora, lanciando grida di giubilo, pretenderanno che la scienza avalli ogni fantasiosa spiegazione che essi vorranno accogliere. Freud riferisce due casi che gli avevano fatto notevole impressione, aggiungendo tuttavia a titolo di spiegazione che era sua intenzione riferirne tre, ma nel lasciare Vienna per le vacanze estive, aveva «dimenticato» di prendere gli appunti del terzo caso, che non era stato in grado di citare a memoria: invece degli appunti in questione, aveva messo nella valigia altre carte prive di importanza, fatto che interpretò (senza dubbio giustamente) come un sintomo di una propria resistenza interna all'argomento. Il terzo caso era il «caso Forsyth» che pubblicò per esteso alcuni anni dopo.

Freud aveva parlato a Ferenczi di questi due casi circa nove anni prima. Il primo, riportato ora assai più estesamente di quando in seguito fu pubblicato, era quello di un giovane da lui analizzato alcuni anni prima della guerra. Costui aveva consultato a Monaco un'indovina, quella stessa Frau Arnold di cui abbiamo già parlato, per conoscerne le previsioni circa il futuro di un cognato che detestava. Freud demolisce completamente i complicati calcoli astrologici con i quali l'indovina asseriva di aver ricavato le sue informazioni, però non poteva fornire altra spiegazione del fatto, se non che tra i due si era verificata una trasmissione di pensiero.

Sul secondo caso Freud faceva anche maggiore assegnamento: esso compare infatti, oltre che in questo lavoro, in altri due scritti di Freud. Come in quello precedente, si tratta di una predizione che, pur non avverandosi, pareva indicare una lettura dei desideri segreti della paziente. Una donna, il cui marito era sterile, aveva consultato a Parigi un'indovina ricevendone l'assicurazione che a 32 anni, cioè 5 anni dopo, avrebbe partorito ben due figli. Essa raccontò questa storia a Freud 16 anni dopo, e Freud scoprì che a quell'età la madre della paziente aveva partorito due figli. Disgraziatamente non fu possibile accertare, a tanta distanza di tempo, se per caso non era stata la paziente stessa a introdurre il numero in seguito a una generica predizione che avrebbe avuto dei figli. Se però le cose stavano nell'altro modo, l'indovina avrebbe intuito il suo segreto desiderio di avere la stessa fortuna di sua madre.

Freud suggeriva che lo stesso processo può spiegare alcuni successi nella «lettura» delle calligrafie, e citava il caso di una paziente che in due momenti critici aveva consultato il grafologo viennese Rafael Schermann: i responsi di quest'ultimo avevano coinciso entrambe le volte con intensi desideri della paziente. Nel pubblicare in seguito il caso, Freud menzionò solo una delle due predizioni.

Ascoltammo naturalmente con grande interesse l'esposizione di Freud. Ferenczi era già perfettamente convinto della realtà della telepatia e giudicò casi e argomentazioni assolutamente probanti. Eitingon, Rank e Sachs rimasero anch'essi vagamente impressionati; solo Abraham ed io rimanemmo scettici.

Il lavoro successivo venne scritto un paio di mesi dopo questa riunione settembrina nella Harz. Esso si intitola Sogni e telepatìa e uscì su «Imago» nel marzo 1922. In esso Freud afferma di averlo letto alla Società di Psicoanalisi di Vienna, e forse era sua intenzione farlo. Invece, dopo che passò alle stampe, Freud mutò parere e lasciò che Abraham, che si trovava a Vienna, leggesse in sua vece un'altra relazione.

Dopo alcune osservazioni e suggerimenti di carattere generale, che abbiamo già riferiti, come ad esempio che la telepatia può rappresentare il vero nucleo dell'occultismo, Freud commenta che nessuna delle intuizioni di avvenimenti a distanza, da lui sperimentate nel corso della sua vita, si era avverata, e che nei suoi lunghi anni di pratica non aveva mai riscontrato in nessuno dei suoi pazienti un vero sogno telepatico. Egli porta l'esempio di due premonizioni da lui stesso ricevute: il sogno, già riferito, che suo figlio era rimasto ucciso in guerra, e quello che era morta sua cognata in Inghilterra. Era riuscito a spiegare entrambi su una base naturalistica, ma ciononostante essi gli erano costati settimane di angosciosa attesa, prima di ricevere la notizia che le due vittime dei sogni erano sane e salve, e siamo giustificati se insistiamo su quest'ultimo punto.

Il materiale che Freud presenta in questo lavoro si riferisce a due sogni appresi per lettera da due corrispondenti che non aveva mai conosciuti personalmente. Il primo è il sogno di un uomo: la seconda moglie gli ha partorito due gemelli. Il sogno era avvenuto poche ore dopo che la figlia lontana aveva dato davvero alla luce due gemelli alcune settimane prima che scadesse il termine. Freud interpreta il sogno così: l'uomo, che a differenza di sua moglie adora i bambini, vuole esprimere il desiderio rimosso che la figlia possa sostituirsi a lui. Freud si domanda però se il sogno potesse essere stato stimolato da un messaggio telepatico da parte della figlia. L'uomo si era preoccupato più di questa possibilità occulta che non di fornire delle associazioni per il sogno, e Freud osserva: «Prevedo che succederà sempre così quando psicoanalisi e occultismo verranno a contatto. La prima ha per così dire contro tutti i nostri pregiudizi istintivi; il secondo incontra già a metà strada delle potenti e misteriose simpatie.» Personalmente Freud non cerca di eludere il problema, «al contrario, sostengo che proverei una grande soddisfazione poter convincere me e gli altri in base a una prova inoppugnabile, dell'esistenza dei processi telepatici».

Nel commentare il caso Freud insiste che la telepatia non ha nulla a che fare con i sogni, ma si verificano casi in cui solo l'analisi del sogno rivela messaggi telepatici che altrimenti sfuggirebbero. In tal caso il messaggio telepatico contribuisce a formare il sogno esattamente come un qualsiasi altro stimolo esterno, ad esempio un rumore proveniente dalla strada. «E' però innegabile che la telepatia è favorita dallo stato di sonno.»

Il secondo sogno appartiene a una donna di 37 anni residente a Breslavia. è un sogno doloroso e ricorrente che Freud interpreta come rivelante un desiderio incestuoso di avere un bambino. Il sogno non ha nulla a che vedere con la telepatia, ma questa donna, che per tutta la vita era andata soggetta ad allucinazioni e premonizioni, riferiva un episodio nel quale aveva sentito il fratello chiamare «mamma, mamma»; in quello stesso momento, lontano, al fronte, egli stava scrivendo una cartolina a casa; poco tempo dopo era morto. Mancavano particolari che convalidassero il racconto, e non è facile capire come mai Freud lo riportasse, essendocene tanti di simili nella letteratura.

Freud commenta un fatto importante, e cioè che «la stragrande maggioranza delle premonizioni telepatiche si riferiscono al tema della morte. Nell'analisi dei pazienti noi riusciamo invariabilmente a dimostrare che esse derivano dai desideri di morte soggettivi che sono stati rimossi.»

Malgrado questa affermazione Freud conclude il lavoro dicendo che gli dispiacerebbe aver dato l'impressione di essere segretamente propenso a credere nella realtà della telepatia. «In verità volevo essere rigorosamente

imparziale. Ho tutte le ragioni per esserlo, poiché non ho opinioni su una faccenda della quale, tra l'altro, non so nulla.»

Nel 1925, quando stava rivedendo l'Interpretazione dei sogni per includerla nelle Gesa.nmelte Schriften, Freud scrisse alcuni paragrafi, presentati come «Qualche nota supplementare alla interpretazione dei sogni in generale», uno dei quali si intitolava Il significato occulto dei sogni. Freud intendeva probabilmente inserirli nella nuova edizione del vecchio libro, ma per qualche ragione sconosciuta non lo fece. In questa nuova edizione dichiara anzi recisamente di non credere nel potere profetico dei sogni né in quello di qualsiasi altro stato psichico. «La nozione che esiste un potere psichico (a parte un acuto calcolo) capace di prevedere nei particolari avvenimenti futuri è da un lato troppo in contraddizione con tutte le previsioni e i presupposti scientifici, e dall'altro essa corrisponde troppo da vicino a certi antichi e noti desideri dell'uomo, che la critica deve ripudiare come pretese ingiustificate. Sono perciò del parere che, tenuto conto che la maggior parte di questi racconti offrono scarso affidamento e sembrano inattendibili e poco convincenti, tenuto conto della possibilità che fattori emotivi facilitino l'alterarsi dei ricordi, e che alcuni pochi colpi fortunati sono comunque inevitabili, lo spettro dei sogni profetici può considerarsi come svanito nel nulla.»

Giunti a questo punto, molti farebbero le stesse osservazioni sulla telepatia ; Freud invece prende la direzione opposta e scrive: «Nel corso di esperimenti fatti nella mia cerchia personale ho avuto spesso l'impressione che i ricordi recanti l'impronta di forti emozioni, possono essere trasmessi con successo senza eccessiva difficoltà... In base a un'ampia esperienza, sono propenso a concludere che una trasmissione del pensiero di questo tipo si verifica in modo particolarmente facile nel momento in cui un'idea affiora dall'inconscio ossia, in termini teorici, quando essa passa dal "processo primario" a quello "secondario".»

Freud insiste però ancora che non v'è alcun rapporto tra telepatia e formazione dei sogni, se non la probabilità che i messaggi telepatici raggiungano più facilmente chi dorme che non una persona desta. Nel qual caso questo materiale viene usato al fine della costruzione dei sogni, alla pari di qualsiasi altro.

Sette anni dopo, nel 1932, Freud scrive le Nuove lezioni introduttive, una delle quali si intitolerà Sogni e occultismo.^ Questa inizia con un'esposizione molto persuasiva dei pregiudizi contro le credenze occulte, anche se Freud trascura di menzionare la considerazione più importante, cioè il rapporto tra queste credenze e l'animismo primitivo. Egli dichiara di non avere opinioni in merito, ma suggerisce nuovamente che la telepatia rappresenti il granello di verità in una sovrastruttura di fantasiose credenze occulte. Pur non contenendo idee nuove rispetto a quelle già esposte nei suoi libri precedenti, questa «lezione» è forse la più bella esposizione del pensiero freudiano su questo oggetto. Poco ha da aggiungere sul rapporto con i sogni, e l'unico esempio che Freud cita in proposito è quello dell'uomo la cui figlia aveva partorito due gemelli, che aveva del resto già riferito, e molto più estesamente. Gran parte della «lezione» è dedicata perciò ad altre dimostrazioni.

Segue il racconto di tre casi precedentemente descritti: la donna che avrebbe dovuto partorire due figli a 32 anni, l'allievo il cui cognato avrebbe dovuto rimanere vittima di un avvelenamento da granchi, e il giovane che aveva consultato il grafologo. L'unico caso nuovo è quello i cui appunti aveva dimenticato di portare alla riunione della Harz. Dopo aver riferito il primo, aggiunge: «Se avessimo a che fare con un solo caso come quello del mio paziente, lo lasceremmo perdere con una levata di spalle. Nessuno fonderebbe una credenza di così ampia portata su un'osservazione isolata. Ma posso assicurarvi che non è l'unico caso capitatomi nel corso della mia esperienza. Ho raccolto un'intera serie di simili profezie, e ho l'impressione che in ciascun caso l'indovino ha solo espresso i pensieri, e in particolare i desideri segreti, dei suoi clienti. Cosa che ci giustifica nel-l'analizzare queste profezie come se fossero prodotti soggettivi, fantasie o sogni delle persone implicate. Naturalmente non tutti questi casi hanno uguale valore probativo, non in tutti è ugualmente possibile escludere spiegazioni più razionali; ma riunendo tutte le prove rimane una buona dose di probabilità in favore dell'esistenza reale della trasmissione del pensiero.»

Il caso nuovo presentava un gioco di parole tra foresight (previsione) Forsyte e Forsyth: partendo dal fatto di aver pronunciato la parola Foresight (appellativo datogli dalla sua fidanzata), un paziente geloso avrebbe indovinato che poco prima del suo arrivo era stato da Freud il dr. Forsyth. A molti questo caso parrà il più inconsistente tra quelli riferiti; in ogni modo esistono tante spiegazioni alterne della telepatia, che non stupisce che Freud dimenticasse di esporcelo durante la riunione nello Harz. Inoltre egli aveva preso i suoi appunti parecchio tempo dopo l'episodio, e nulla garantisce che non vi entrasse qualche interferenza inconscia. Io stesso sono in grado di correggerne un errore minimo: Freud affermava che io ero stato a Vienna un mese prima della visita di Forsyth, invece ciò avvenne nella stessa settimana, poiché cenai con Forsyth a Zurigo, e io venivo appunto da Vienna, mentre lui vi era diretto.

Dal materiale precedente è facile trarre citazioni tanto in favore di un atteggiamento di scettica critica da parte di Freud, che in favore di un suo atteggiamento opposto. Dura era in lui la lotta tra il desiderio di credere e l'ammonimento a non credere, che rappresentano due tratti fondamentali della sua personalità, entrambi indispensabili alla realizzazione delle sue conquiste. Ma in questo caso Freud si sentiva veramente naufragare: non stupisce sentirlo lamentarsi che l'argomento «lo turbava fino alla follia».

Freud ebbe ragione nel prevedere l'avvento di analisti disposti a credere nella telepatia; è stato persino proposto di servirsi del procedimento nel corso del trattamento psicoanalitico! A questo proposito ricordo un incidente occorsomi alcuni anni fa: una signora venuta a consultarmi, mi spiegò che non poteva abbandonare per lungo tempo la sua casa (che si trovava a 200 chilometri), perciò mi chiedeva di dedicarle un'ora al giorno per analizzarla a distanza. Quando le dissi che con mio grande rincrescimento il piano non era attuabile, essa rispose sospirando: «No, penso effettivamente che Lei, nel Suo lavoro, non sia ancora arrivato a tanto.» Ma sarei rimasto ben più addolorato se fossi venuto a sapere che proprio in quell'epoca il mio vecchio amico Ferenczi credeva di venire analizzato con successo grazie a messaggi trasmessi telepaticamente attraverso l'Atlantico da una sua ex paziente (una donna che Freud definiva «il cattivo genio di Ferenczi»). Quanto aveva ragione Freud quando a proposito della telepatia scriveva: «Ce n'est que le premier pas qui coùte. Das weitere fndet skh.»